Libertà di stampa: le “linee rosse” dei vignettisti satirici in Iran durante la campagna elettorale | Iran Human Rights

Libertà di stampa: le “linee rosse” dei vignettisti satirici in Iran durante la campagna elettorale

Hadi Heidari con la vignetta “Bendati”, che è stata considerata offensiva per i veterani della guerra Iran-Iraq, causando la chiusura del quotidiano “Shargh” nel settembre scorso

Un articolo del corrispondente dell’agenzia France Press da Teheran, Ciryl Julien, presenta un aspetto poco noto, ma esemplare, delle difficoltà della stampa iraniana, costretta ad operare sotto costante minaccia di censura, arresti e chiusura forzata delle testate: quello del fragile equilibrio lungo il quale devono muoversi i vignettisti di satira politica, tanto più in periodo di campagna elettorale.

Di seguito la traduzione dell’articolo.

I vignettisti dei giornali dicono di essere costretti a schivare “linee rosse in movimento” nel percorso che porta alle elezioni presidenziali del 14 giugno in Iran, un paese in cui un’immagine satirica può comportare la chiusura di un giornale o l’arresto di un direttore.

Ci sono sempre state zone proibite, come le caricature della Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, oppure l’esercito, ma c’è ancora una certa libertà di toni durante la campagna elettorale.

Due importanti vignettisti che lavorano per due giornali riformisti, dicono che il loro lavoro rimane pieno di difficoltà, perché le restrizioni non sono state chiaramente definite.

Vari altri, che coprono un ampio spettro della politica iraniana, hanno rifiutato di essere intervistati dalla France Press sul modo in cui si stanno occupando delle elezioni.

Jamal Rahmati, 40 anni, direttore artistico del giornale riformista Etemad, dice che “in generale, prima delle elezioni godiamo di una relativa libertà, persino sorprendente. Possiamo toccare qualsiasi argomento, eccetto le figure religiose.”

“Al giorno d’oggi – aggiunge – può esserci un problema con qualsiasi argomento, perché i confini non sono chiaramente definiti.”

Gli organismi che presiedono alla supervisione dei media “ci chiedono di non dare un’interpretazione cupa della situazione del paese, ma qual è un’intepretazione cupa?”

Alcune cose sono ovvie, e il ministero della cultura, che controlla la stampa, già nel luglio 2012 ha messo in guardia contro la pubblicazione di certe notizie sull’impatto delle sanzioni occidentali che hanno fatto sprofondare l’economia iraniana in una crisi profonda.

L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno entrambi imposto sanzioni unilaterali contro il petrolio e contro il sistema bancario iraniani, per punire il paese del suo rifiuto di sospendere l’arricchimento dell’uranio, e la conseguente perdita di entrate in valuta forte ha fatto precipitare il valore del Rial e impennare il tasso di inflazione.

Un altro tema “sensibile” è il sostegno dell’Iran al presidente siriano Bashar al-Assad e al suo sforzo di schiacciare una ribellione che va avanti da ormai 26 mesi.

E, naturalmente, ci sono le elezioni stesse, nelle quali tutti gli otto candidati hanno ricevuto l’approvazione di un organismo di controllo del regime [il Consiglio dei Guardiani, n.d.t.].

Quando Mahmoud Ahmadinejad venne rieletto al suo secondo mandato nel 2009, era diffusa l’opinione che la sua vittoria fosse dovuta ai brogli elettorali, il che scatenò proteste pubbliche e massicce manifestazioni in strada, piegate dal regime con violenza omicida.

Fa eco al suo collega Hadi Heidari, 33 anni, dirige la parte grafica del quotidiano riformista Shargh, più volte chiuso dalla censura.

“Ufficialmente dovremmo lavorare nell’ambito dei diritti delineati dalla costituzione, con l’eccezione della Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, e delle forze armate”, dice Heidari.

“C’è tuttavia una legge non scritta che io interpreto come una ‘linea rossa in movimento’. Per esempio: se una questione in quel momento è sotto i riflettori, questa legge dice: ‘non toccare’.”

A titolo di esempio, Rahmati cita la materia apparentemente innocua di un aumento del prezzo del pollame, nel senso che non avrebbe mai pensato che disegnare un pollo volesse dire muoversi sulla linea rossa.

Per i giornali riformisti, anche Ahmadinejad, al quale la costituzione impedisce di candidarsi per un terzo mandato consecutivo, è diventato una linea rossa da non toccare.

Heidari dice che mentre poteva fare una caricatura di Ahmadinekad nel 2009, adesso non può.

Quest’anno “l’atmosfera è chiusa e ci troviamo a camminare in un campo minato.”

A fine aprile l’Ayatollah Khamenei ha delineato la sua visione di come i media sarebbero tenuti a comportarsi durante la campagna elettorale.

I media dovrebbero “incoraggiare la gente a scegliere correttamente, criticare in una maniera logica e non pubblicare qualsiasi cosa”, aveva detto la Guida suprema.

Per proteggersi dalla furia del censore o del procuratore, i giornali hanno assunto “consiglieri” che in effetti li aiutano a svolgere un’opera preventiva di auto-censura.

Heidari riconosce che spesso è lui stesso a decidere di non presentare certi disegni.

“L’auto-censura è una malattia, ma siamo costretti a conviverci”, lamenta.

Uno dei suoi disegni, intitolato “Bendati”, fu considerato un’offesa ai veterani della guerra irano-irachena e portò alla chiusura del giornale lo scorso mese di settembre.

“In Iran – spiega Heidari – a causa dell’attuale situazione economica e politica, i vignettisti devono fare affidamento sul simbolismo invece che sul realismo. In tal modo i disegni acquistano un’influenza maggiore perché si prestano a molteplici interpretazioni.”

Gli aspiranti presidenti si differenziano sulla libertà di stampa

Nel corso di un dibattito tra i i candidati alle elezioni, mentre si parlava di temi culturali, è stato sollevato il tema dei rapporti con la stampa, e sono emersi diversi punti di vista.

Mohammad Reza Aref, il solo candidato riformista, e il religioso moderato Hassan Rouhani, hanno criticato le pesanti restrizioni poste alla stampa dalla Repubblica islamica e hanno chiesto più libertà.

“Mettono al bando i giornali – ha detto Aref – impediscono la pubblicazione di libri, vietano un film. Queste cose devono essere corrette.”

E Rouhani ha aggiunto che “se vogliamo combattere la corruzione, deve esserci libertà della stampa e dei media. La gente dovrebbe avere le mani libere.”

Ma il candidato favorito, Saeed Jalili, un conservatore che rappresenta l’Iran ai negoziati sulla questione nucleare con le potenze internazionali, ha respinto l’accusa di mancanza di libertà di stampa.

“Solo perché due giornali appartenenti a un movimento politico vengono chiusi non possiamo dire che non c’è libertà”, ha detto Jalili alludendo alla chiusura dei giornali riformisti in anni recenti. [In realtà dal 2000 ad oggi ne sono stati chiusi alcune centinaia, n.d.t.]

Per i vignettisti iraniani che fanno satira politica, nulla di tutto ciò è un argomento di cui ridere.

Il Committee to Protect Journalists, un’associazione con sede negli Stati Uniti, ha detto all’inizio di quest’anno che l’Iran è la quarta nazione “più censurata” al mondo e che, all’inizio di dicembre, 45 giornalisti si trovavano in carcere. [Sono adesso 54, secondo l’ultimo dato di Reporter Senza Frontiere, n.d.t.].

Cyryl Julien, AFP

 

Fonte: Agenzia France Press

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