Il rapporto di JFI: l’Iran deve porre fine alla sua campagna contro i rifugiati afgani | Iran Human Rights

Il rapporto di JFI: l’Iran deve porre fine alla sua campagna contro i rifugiati afgani

La copertina del rapporto di Justice For Iran

Justice For Iran (JFI) ha pubblicato il suo rapporto sulla drammatica situazione degli immigrati e rifugiati afgani in Iran e sulle discriminazioni di cui sono fatti oggetto da parte del governo della Repubblica Islamica dell’Iran. S’intitola: Iran: una zona franca afgana?!

Di seguito pubblichiamo il comunicato stampa di presentazione del rapporto e il link alla versione integrale del documento (disponibile in inglese).

 

 

LA REPUBBLICA ISLAMICA DEVE CESSARE LA SUA CAMPAGNA CONTRO I RIFUGIATI AFGANI

Il conto alla rovescia è cominciato per gli afgani in Iran. Secondo il direttore dell’Ufficio affari immigrati stranieri, dal momento che la moratoria sullo status di residenza dei rifugiati afgani in Iran sta per scadere, gli uomini celibi afgani residenti nelle province di Teheran, Isfahan e Razavi Khorasan devono lasciare il paese entro il 20 giugno 2012.

Si tratta solo dell’ultimo passo della politica discriminatoria della Repubblica Islamica dell’Iran nei confronti dei rifugiati afgani residenti all’interno dell’Iran. In un rapporto pubblicato oggi, e intitolato Iran: una zona franca afgana?! Justice For Iran chiede al Relatore speciale delle Nazioni unite per i diritti umani in Iran di esortare sia il governo iraniano che l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati a chiarire i loro piani e ad abbandonare la loro politica disumana nei confronti degli afgani.

Nel marzo 2012, durante le festività del Nowruz, il capodanno più largamente festeggiato nell’Asia centrale, il direttore della Commissione per le agevolazioni di viaggio a Isfahan ha annunciato che per il Sizdeh Beh Dar (una festa tradizionale che ha luogo 13 giorni dopo il Nowruz e durante la quale le persone dovrebbero trascorrere l’intera giornata in picnic fuori casa), sarebbe stato emesso un divieto per impedire l’ingresso di individui di nazionalità afgana nel Parco Saffeh Mountain “per il benessere dei cittadini iraniani” e per “tutelare la sicurezza delle famiglie.” Questa decisione è stata accompagnata dallo sdegno all’interno e all’esterno del paese. Tuttavia, invece di fare marcia indietro, le autorità iraniane hanno continuato a perseguire la loro campagna discriminatoria contro gli afgani residenti in Iran. Nell’Aprile 2012 il direttore dell’Ufficio affari immigrati stranieri della provincia di Mazandaran ha annunciato che l’accesso alla provincia era vietato ai rifugiati afgani. Definendola una “operazione di pulizia”, Shafi’i considerava la presenza di rifugiati afgani una minaccia per la Provincia e affermava che “poiché Mazandaran è un’attrazione turistica, non può resistere alla presenza di questi cittadini stranieri.”

Fin dal 2002 il governo iraniano ha annunciato limitazioni alla residenza imposte ai cittadini afgani che vivono in Iran. L’accesso a un numero sempre maggiore di province è stato vietato agli afgani. Vietare la residenza in una provincia ai cittadini afgani ha voluto dire che coloro che stavano vivendo in quella provincia, in alcuni casi da anni, erano costretti a trasferirsi in altre località consentite e a cercare di cominciare una nuova vita.

Secondo il vice-governatore di Mazandaran con deleghe alla politica e alla sicurezza, soltanto in questa provincia 3040 rifugiati afgani sono stati arrestati e deportati in Afghanistan nel corso dell’ultimo anno del calendario persiano. Con l’applicazione di questa legge, non è chiaro cosa accadrà delle donne iraniane sposate con cittadini afgani.

La cittadinanza è un diritto legato al sangue e può essere trasmessa solo per linea paterna; tutti i figli nati da padri iraniani, non importa dove, possono ottenere la cittadinanza iraniana con tutti i diritti e i privilegi ad essa connessi. Lo stesso non si può dire dei figli nati da madri iraniane e padri non iraniani. Inoltre, sebbene una donna di nazionalità non iraniana, dopo avere legalmente spostato un uomo iraniano, possa chiedere e ottenere la cittadinanza iraniana, lo stesso diritto – di assicurare al marito la cittadinanza iraniana – non è esteso alle donne iraniane. Pertanto i figli nati da questi matrimoni continuano a non essere registrati, ad essere privi di certificato di nascita e a non ricevere alcun sussidio dal governo iraniano. Secondo le diverse stime in Iran ci sono attualmente tra 32mila e un milione di bambini in queste condizioni.

Il governo dell’Iran sostiene che i cittadini stranieri privi di un permesso legale in Iran non possono frequentare scuole pubbliche o beneficiare del sistema sanitario pubblico. Poiché molte famiglie afgane non hanno tessere da rifugiati valide, i loro figli non possono frequentare le scuole pubbliche accanto ai bambini iraniani.

Nel corso della ricerca svolta da JFI è apparso chiaro che l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati sta sfuggendo alle sue responsabilità per quanto riguarda gli immigrati afgani in Iran. Come dichiarato, l’Alto Commissariato non considera come rifugiati gli afgani che partono per l’Iran in cerca di migliori opportunità economiche e perciò non offre loro protezione, mentre le condizioni nel loro paese d’origine sono miserevoli. Questo vuol dire anche che il decreto di espulsione forzata – inizialmente un problema legato alla preoccupazione per l’immigrazione illegale – non si applica ai rifugiati sotto la protezione dell’Alto Commissariato, in altre parole non è un suo problema. Nel frattempo i rifugiati vanno incontro al rimpatrio volontario, quando una delle responsabilità dell’Alto Commissariato è quella di aiutare l’integrazione dei rifugiati nelle loro nuove realtà sociali e non di costringerli a tornare nei paesi di provenienza o a vivere in campi per rifugiati. D’altra parte l’Iran sta a sua volta inviando segnali contraddittori su questo tema, annunciando che non ha problemi con gli afgani che risiedono legalmente in Iran e che i nuovi programmi si applicano solo a coloro che sono immigrati illegalmente all’interno del paese, ma anche annunciando che tutti i cittadini stranieri devono abbandonare le province di confine (trasferimento forzato).

JFI chiede al Relatore speciale delle Nazioni unite per i diritti umani in Iran di esortare sia il governo iraniano si l’Alto Commissariato per i rifugiati a fare chiarezza sui loro programmi e ad abbandonare la loro politica disumana nei confronti degli afgani. JFI chiede inoltre di:

- Porre fine alla campagna del governo iraniano contro gli afgani.

- Esaminare ogni caso individuale di cittadino afgano separatamente e in linea con gli standard internazionali, assegnando a ciascuno uno status chiaro e appropriato. Dovrebbe anche essere dato agli afgani il diritto di fare appello e di sporgere reclamo contro la decisione dei funzionari iraniani.

- Il governo iraniano deve accettare gli afgani o come immigrati o come richiedenti asilo, con tutti i diritti garantiti loro in quanto tali. Far ritornare gli immigrati illegali nel paese di origine è una cosa che va fatta, ma riconoscendo la loro dignità umana, assicurando il loro diritto alla vita, lo standard minimo di sussistenza, e sotto la supervisione di organismi internazionali. Le famiglie che comprendano coppie iraniano-afgane (donna iraniana – uomo afgano) e i loro figli devono essere riconosciute come iraniane e non deportate in nessun caso.

- Tutte le autorità iraniane responsabili dei maltrattamenti e delle violazioni ai diritti degli immigrati afgani, tra cui Ahmad Reza Shafi’I, Seyyed Taghi Shafi’iMohammad Tahavori, e Hadi Ebrahimi devono essere chiamati a rendere conto delle loro azioni.

Per leggere integralmente (in inglese) il rapporto Iran: an Afghan Free Zone?!  CLICCA QUI

 

Fonte: Justice For Iran

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