Saeed Abedini, pastore cristiano di cittadinanza iraniana e americana, sta scontando nel carcere di Evin (Teheran) una condanna ad 8 anni di detenzione solamente a causa della sua fede cristiana. Sua moglie Naghmeh, in questi giorni, è giunta a Ginevra con un avvocato americano che rappresenta la famiglia, per esporre il caso del marito al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite che si svolge nella città elvetica.
Abedini, 33 anni e due figli, residente nell’Idaho, era stato arrestato nel 2009, e poi rilasciato dietro l’impegno formale a non svolgere più attività di proselitismo e a cessare la sua opera di organizzazione clandestina di chiese domestiche per i cristiani iraniani convertiti (ai quali la legge vieta di pregare nelle chiese “pubbliche”). L’anno scorso è tornato di nuovo in Iran per partecipare alla costruzione di un orfanotrofio laico e statale. Gli agenti lo hanno trascinato via da un autobus e l’hanno nuovamente arrestato. Dopo mesi di prigionia senza alcuna notizia ufficiale di accuse formali a suo carico, nel gennaio 2013 è stato condannato a 8 anni di pena carceraria.
Il suo caso ha destato molta attenzione negli Stati Uniti, anche perché l’infaticabile moglie Naghmeh e tutta la famiglia del pastore, con i loro legali, hanno svolto una costante opera di pressione e denuncia, presso le autorità americane (in particolare il Dipartimento di Stato) perché dagli Stati Uniti arrivasse una chiara presa di posizione nei confronti del regime iraniano. Tuttavia finora la diplomazia americana non ha rilasciato nessun comunicato in cui si richiede alle autorità di Teheran il rilascio di Abedini.
Secondo le notizie, Abedini in carcere ha trascorso lunghi periodi in isolamento, e avrebbe subito torture e pestaggi, che gli hanno provocato serie ferite ed emorragie interne. Stando a quanto affermano i suoi sostenitori, a picchiarlo sarebbero stati non solo i secondini, ma i suoi stessi compagni di cella. E, secondo i parenti e gli avvocati, Abedini non avrebbe ricevuto le cure necessarie alle sue ferite.
“E’ stato in quella prigione brutale fin troppo a lungo. – ha detto la moglie Naghmeh in un’intervista esclusiva a Fox News – Saeed non ha violato nessuna legge. E il problema non è solo Saeed, ce ne sono molti altri, perseguitati solo a causa del loro credo religioso. Spero che questa audizione al Consiglio dei diritti umani possa servire a far luce anche su altri casi.“
Naghmeh Abedini non più avuto alcun contatto con il marito dall’inizio del gennaio scorso, quando i membri della famiglia residenti in Iran ricevettero la loro telefonata settimanale da Saeed e riuscirono a mettere in piedi una conversazione telefonica improvvisata anche con lei e con i figli.
“Naghmeh rappresenterà a Ginevra la realtà di come le persecuzioni contro i cristiani da parte del regime iraniano abbiano un impatto e una risonanza internazionali,” ha detto l’avvocato Jordan Sekulow, direttore esecutivo dell’American Center for Law and Justice, l’organizzazione che tutela la parte statunitense della famiglia Abedini. Sekulow si è recato a Ginevra insieme a Naghmeh per comparire davanti alla 23.ma sessione plenaria del Consiglio dei diritti umani.
“Imploro le nazioni rappresentate nel Consiglio a prendere posizione in difesa del più elementare dei diritti umani – il diritto di assemblea pacifica nell’esercizio del proprio credo religioso – e a esortare l’Iran a rilasciare il pastore Saaed Abedini,” ha detto anche Sekulow.
Il caso di Abedini non è il solo conosciuto di persecuzioni contro i cristiani convertiti. La settimana scorsa la più grande chiesa pentecostale con servizio religioso in lingua farsi è stata chiusa, e pochi giorni dopo è stato arrestato uno dei suoi pastori, Robert Asserian. E mentre gli armeni possono praticare pubblicamente il Cristianesimo nella loro lingua, ai cristiani che si sono convertiti dall’Islam è vietato di fare lo stesso, pena l’accusa di apostasia. Le autorità sequestrano i libri di preghiere cristiane in lingua farsi e non tollerano che il culto cristiano si svolga pubblicamente in farsi, che è la lingua parlata dalla maggioranza degli iraniani.
Fonte: Fox News