L’odissea di Arash Sadeghi, studente e prigioniero politico: cronaca di tre anni di atrocità | Iran Human Rights

L’odissea di Arash Sadeghi, studente e prigioniero politico: cronaca di tre anni di atrocità

Arash Sadeghi sulla tomba di sua madre, morta in seguito a un attacco di cuore patito quando il figlio fu arrestato

Lo studente e attivista Arash Sadeghi è nato il 29 settembre 1986. E’ stato membro della campagna elettorale di Mir Hossein Mousavi nel 2009 e dell’Associazione degli studenti islamici della Allameh University. Da quest’ultima università è stato espulso, per ragioni politiche, mentre stava studiando per la sua laurea specialistica in filosofia.

Di seguito si può leggere un resoconto dettagliato delle persecuzioni subite da Arash Sadeghi da parte del regime iraniano nel corso di questi anni. E’ tratto dal blog Nameh Beh Yek Azadeh  (in persiano) ed è stato tradotto in inglese sul blog di Persianbanoo.

 

22 Giugno – 22 luglio 2009

Il primo arresto di Arash Sadeghi avvenne dopo le contestate elezioni presidenziali del giugno 2009: l’8 luglio 2009. Dopo 50 giorni sotto pressioni e torture in isolamento, che più tardi lui stesso raccontò in modo dettagliato, fu rilasciato lungo una strada poco battuta a Teheran. Tra le molte efferatezze che subì in questo periodo, è sufficiente citarne solo una: fu costretto a leccare la tazza del gabinetto.

22 dicembre 2009 – 20 gennaio 2010

In seguito ai sanguinosi fatti accaduti durante le proteste dell’Ashura (27 dicembre 2009), Arash fu arrestato di nuovo il 27 dicembre 2009. Fu poi rilasciato su cauzione il 6 marzo 2010. Mentre era fuori in congedo, in una conversazione con i suoi parenti, raccontò di “duri pestaggi subiti in prigione”, come conseguenza dei quali aveva riportato “gravi danni alla spalla destra.” In quel periodo la sezione 28 del Tribunale rivoluzionario lo condannò a 3 anni di detenzione.

20 marzo – 20 aprile 2010

Nel marzo 2010, dopo la fine del periodo di congedo, Arash fece ritorno in prigione e, per un lungo periodo, ebbe il divieto di ricevere visite e di avere conversazioni telefoniche. Secondo la sua famiglia, le ragioni di questi provvedimenti erano la pubblicazione di notizie sulle accuse e condanne a suo carico e la pubblicazione di resoconti sulle violenze fisiche subite nel corso del precedente periodo di detenzione. In quel periodo, la famiglia espresse pubblicamente preoccupazione sul suo stato di salute, non avendo la possibilità di vederlo di persona o di parlargli al telefono, e non essendo quindi in grado di verificare direttamente le sue condizioni.

23 ottobre – 21 novembre 2010

Dopo un anno di detenzione e di torture, Arash fu rilasciato in congedo. Sennonché, dopo solo pochi giorni, e senza nessun avviso formale che il permesso per il congedo gli era stato revocato, e senza nemmeno una telefonata dalla magistratura che gli ordinasse di tornare in carcere, gli agenti fecero irruzione nella casa di Arash alle 4 del mattino del 26 ottobre 2010 per arrestarlo. Ma Arash non era in casa.
Lo shock causò alla madre di Arash un infarto, a causa del quale ella morì pochi giorni dopo. Era infatti il 30 ottobre 2010, quattro giorni dopo l’irruzione degli agenti in casa, quando Farahnaz Dargahi morì in ospedale.
Fu sepolta nel cimitero di Beheshte Zahra (Teheran), lotto 311, fila 119, tomba numero 23.
Il 15 novembre 2010, prima di essere arrestato, criticando l’irruzione in casa sua, Arash disse al canale televisivo BBC Persian: “Ogni volta che ho ricevuto una convocazione nella prigione di Evin da parte della magistratura, ci sono sempre andato. Non so perché in questo caso abbiano deciso di attuare un’operazione di questo genere.” Nella stessa intervista, sofferente per la pressione subita e per l’improvvisa, triste e dolorosa scomparsa della madre, Arash disse: “Ho dovuto pagare un prezzo alto. Avrei preferito andare in carcere! Per me le condizioni all’interno della prigione sono migliori di quelle fuori. La pressione dei miei familiari che in sostanza mi rimproverano per la morte di mia madre è uno stress molto pesante da sostenere.”
Arash Sadeghi fu condannato dalle sezioni 28 e 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran rispettivamente a 3 e 6 anni di detenzione.
La Corte d’appello ha revocato la condanna a 3 anni e lo ha prosciolto da tutte le accuse relative a quel caso. Anche la condanna a 6 anni è stata commutata dalla Corte d’appello in una condanna a 1 un anno di detenzione e a 4 di pena sospesa.

22 novembre – 21 dicembre 2010

Il 7 dicembre Arash pubblicò un comunicato in occasione della Giornata dello studente. In seguito alla diffusione di quel documento, fu di nuovo aggredito e percosso dagli inquirenti nella sezione 209 del carcere di Evin e, ancora una volta, subì lesioni alla spalla e alle costole. Gli inquirenti rifiutarono di autorizzarlo a farsi curare nell’infermeria della prigione. Come conseguenza di ciò, e per protestare contro le violenze subite, il 10 dicembre 2010 Arash lanciò uno sciopero della fame. Nella nota che inviò dall’interno del carcere di Evin, sezione 209, in occasione della Giornata dello studente, Arash scrisse: “Se diciamo che non riconosciamo questo governo, che è illegale e illegittimo, in quanto ha preso il potere basandosi sulle menzogne, la calunnia e l’imbroglio, e se chiediamo elezioni trasparenti e giuste, sotto il controllo di osservatori e della gente reale, veniamo considerati Mohareb (nemici di Dio) e anti-rivoluzionari.”

Dicembre 2010 – Gennaio 2011

Dopo 14 giorni di sciopero della fame, Arash pose fine al suo digiuno il 24 dicembre 2010 e fu trasferito dalla sezione 209 alla sezione generale 350 del carcere di Evin.
Tuttavia il 31 dicembre 2010 fu improvvisamente ritrasferito in isolamento nella sezione di massima sicurezza 209, dove fu nuovamente e duramente percosso dagli agenti del Ministero della sicurezza.
Quattro giorni dopo fu rispostato nella sezione 350, con gravi ferite e lesioni.
A quel punto non era più in grado di muovere il braccio destro, camminava a stento, soffriva di sanguinamenti intestinali e presentava un’infezione polmonare.

20 febbraio – 20 marzo 2011

Esattamente come già avvenuto in precedenza, Arash fu posto sotto pressione e torturato dagli inquirenti sulla base di accuse false e inventate.
Stavolta gli inquirenti volevano spingerlo a negare che la morte della madre fosse dovuta allo shock per l’irruzione degli agenti in casa sua, e anche a smentire le interviste rilasciate da novembre in poi.
In segno di protesta contro le pressioni e le torture che gli venivano inflitte, Arash lanciò un nuovo sciopero della fame il 14 marzo.
A causa delle sue pessime condizioni di salute, come conseguenza delle torture subite e dello stress di essere digiuno, la sua salute peggiorò. Arash cominciò ad accusare tremori e perdite di conoscenza.
In seguito a ciò, i funzionari di Evin lo fecero trasferire nell’infermeria del carcere.

21 marzo – 20 aprile 2011

Arash trascorse il Nowruz (il capodanno persiano) sofferente e in cattive condizioni fisiche, nella sezione 209 di Evin, in isolamento.

22 maggio – 21 giugno 2011

Dopo la morte di Hale Sahabi [prigioniera politica deceduta in seguito all’aggressione subita dalle forze dell’ordine mentre partecipava ai funerali del padre, per esser presente ai quali era stata temporaneamente rilasciata dal carcere, n.d.r.], l’attivista nazional-religioso Reza Hoda Saber e Amir Khosro Dalirsani lanciarono uno sciopero della fame.
Arash, insieme ad altri prigionieri politici (Mehdi Khodaei, Ahmad Shahrezaei, Peyman Aref, Shahin Zainali e Javad Alikhani) cominciò a sua volta un nuovo sciopero della fame il 5 giugno per protestare contro la morte di Hale Sahabi. Arash, con Khodaei e Shahrezaei avevano inizialmente stabilito di porre fine al loro digiuno il 12 giugno, ma dopo la morte di Hoda Saber, tutti e tre decisero di continuare in segno di protesta per quella nuova morte.

22 novembre – 20 dicembre 2011 

Arash, che era stato condannato in appello a un solo anno di detenzione e 4 di pena sospesa, venne finalmente rilasciato dalla sezione 350 del carcere di Evin il 14 dicembre, dopo aver trascorso in prigione più di 22 mesi, la maggior parte dei quali sotto pressione e tortura, in isolamento, nella sezione di massima sicurezza di Evin (la 209).
Al momento del rilascio, Arash era di nuovo in sciopero della fame per solidarietà con altri prigionieri politici bisognosi di cure mediche, e ai quali queste cure venivano negate.
Fu rilasciato dopo che aveva perso la madre, dopo che la sua famiglia era stata distrutta, e dopo che le vite sua e dei suoi cari erano state rovinate per sempre.

Dicembre 2011 – Gennaio 2012

Dopo breve tempo, Arash viene arrestato di nuovo dagli agenti della sicurezza, la mattina del 15 gennaio 2012, mentre sta visitando la tomba di sua madre insieme ai nonni.
L’arresto avviene in modo violento, e procura ad Arash serie lesioni alla testa.

21 maggio – 20 giugno 2012

Fino a questa data, dal giorno dell’ultimo arresto (15 gennaio 2012) Arash è detenuto nella sezione 209 di Evin in isolamento.
A parte una brevissima conversazione telefonica pochi giorni dopo il suo arresto (telefonata effettuata sotto il controllo delle guardie) e a parte una visita di 5 minuti di suo nonno (il 24 maggio), Arash non ha avuto contatti con la sua famiglia.
Nel corso di questa breve visita del nonno, Arash ha detto che viene interrogato ogni 3 settimane, e ha anche annunciato che avrebbe lanciato uno sciopero della fame in sostegno di Hossein Ronaghi Maleki [blogger e attivista per i diritti umani, in sciopero della fame per ottenere un congedo per ragioni mediche, avendo urgente bisogno di un intervento ai reni. Ronaghi Maleki è stato rilasciato pochi giorni fa, ma non è dato sapere se Arash, che si trova in isolamento, ne sia a conoscenza, n.d.r.].

 

Fonte: Blog di Persianbanoo

 

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