Violarono i diritti umani in Iran: altri 9 esponenti del regime nella lista nera Ue. Sono ora 87 | Iran Human Rights

Violarono i diritti umani in Iran: altri 9 esponenti del regime nella lista nera Ue. Sono ora 87

Il Consiglio dell’Unione europea ha aggiunto i nomi di 9 persone alla lista di individui colpiti da sanzioni a causa di violazioni dei diritti umani in Iran. La lista include attualmente 87 persone, i cui beni sono congelati e a cui è impedito di viaggiare nel territorio dell’Unione. Questi i 9 nuovi nomi e i rispettivi ruoli e responsabilità all’interno del regime:

 

Ali Ashraf Rashidi Aghdam

1) Ali Ashraf Rashidi Aghdam

Capo della prigione di Evin, nominato tra giugno e luglio del 2012. Dalla sua nomina si è assistito a un deterioramento delle condizioni in carcere ed è stata segnalata una recrudescenza dei maltrattamenti ai danni dei prigionieri. Nell’ottobre 2012, nove detenute hanno iniziato lo sciopero della fame per protestare contro la violazione dei loro diritti e le violenze subite per mano delle guardie carcerarie.

2) Morteza Kiasati

Giudice del tribunale rivoluzionario di Ahwaz, sezione 4, ha condannato alla pena capitale quattro prigionieri politici arabi, Taha Heidarian, Abbas Heidarian, Abd al-Rahman Heidarian (tre fratelli) e Ali Sharifi. Sono stati arrestati, torturati e impiccati senza giusto processo. Questi casi e l’assenza di un giusto processo sono stati segnalati dal relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran in una relazione del 13 settembre 2012, dal Segretario generale dell’ONU nella relazione sull’Iran del 22 agosto 2012 e da varie ONG (tra cui IHR).

3) Seyed Mohammad Bagher Moussavi

Giudice del tribunale rivoluzionario di Ahwaz, sezione 2, ha condannato alla pena capitale cinque arabi ahwazi, Mohammad Ali Amouri, Hashem Sha’bani Amouri, Hadi Rashedi, Sayed Jaber Alboshoka, Sayed Mokhtar Alboshoka, in data 17 marzo 2012, per “attività contro la sicurezza pubblica” e “guerra contro Dio”. Le condanne sono state confermate dalla Corte suprema iraniana il 9 gennaio 2013. Secondo quanto riferito dalle ONG, i cinque uomini sono stati arrestati senza colpa per oltre un anno, torturati e condannati senza giusto processo.

Mohammad Sarafraz

4) Mohammad Sarafraz

Direttore della sezione World Service e della rete Press TV dell’IRIB (radio televisione iraniana di stat0), è responsabile di tutte le decisioni relative ai programmi. Strettamente associato all’apparato di sicurezza dello Stato. Sotto la sua direzione, Press TV, insieme all’IRIB, ha collaborato con i servizi di sicurezza e con i procuratori iraniani per trasmettere confessioni estorte a detenuti, fra cui quella di Maziar Bahari, giornalista e regista irano-canadese, nel programma settimanale “Iran Today“. La OFCOM, autorità regolatrice indipendente per le società di comunicazione, ha condannato nel Regno Unito Press TV a pagare una multa di 100mila sterline per aver trasmesso la confessione di Bahari nel 2011, filmata in carcere mentre gli veniva estorta con la forza. Sarafraz è pertanto associato alla violazione del diritto a un giusto processo e del diritto a un equo processo.

Asadollah Jafari

5) Asadollah Jafari

Procuratore della provincia di Mazandaran, responsabile, secondo quanto riferito dalle ONG, di arresti illegali e violazioni dei diritti dei detenuti Baha’i, dall’arresto iniziale fino alla reclusione in celle di isolamento presso il centro di detenzione del Ministero della sicurezza. Sei esempi concreti di violazioni del diritto a un giusto processo sono documentati da ONG, anche nel 2011 e nel 2012.

Hamid Reza Emadi

6) Hamid Reza Emadi

Capo della redazione di Press TV. Responsabile della produzione e trasmissione di confessioni estorte a detenuti, fra cui giornalisti, attivisti politici, esponenti di minoranze curde e arabe, in violazione dei diritti a un giusto processo e a un equo processo riconosciuti a livello internazionale. La OFCOM, autorità regolatrice indipendente per le società di comunicazione, ha condannato nel Regno Unito Press TV a pagare una multa di 100mila sterline per aver trasmesso nel 2011 la confessione del giornalista e regista irano- canadese Maziar Bahari, filmata in carcere mentre gli veniva estorta con la forza. Le ONG hanno segnalato altri casi di confessioni estorte, mandate in onda da Press TV. Emadi è pertanto associato alla violazione del diritto a un giusto processo e del diritto a un equo processo.

7) Rahim Hamlbar

Giudice del tribunale rivoluzionario di Tabriz, sezione 1. Responsabile di infliggere pesanti condanne nei confronti di giornalisti, di esponenti della minoranza etnica azera e di attivisti impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori, con l’accusa di spionaggio, atti contro la sicurezza nazionale, propaganda contro il regime iraniano e offese alla Guida suprema dell’Iran. Le sentenze, secondo quanto riferito, sono state emesse in varie occasioni senza un giusto processo e i detenuti sono stati costretti a firmare confessioni false. Uno dei casi più eclatanti ha coinvolto venti volontari impegnati in operazioni di assistenza ai terremotati (a seguito del sisma che ha colpito l’Iran nell’agosto 2012), condannati alla reclusione per aver tentato di soccorrere le vittime del terremoto. Il tribunale ha ritenuto gli operatori colpevoli di “associazione e collusione con l’intento di agire contro la sicurezza nazionale”.

8) Seyyed Reza Musavi-Tabar

Capo del tribunale rivoluzionario di Shiraz. Responsabile di arresti illegali e maltrattamenti contro attivisti politici, giornalisti, difensori dei diritti umani, esponenti Baha’i e prigionieri di coscienza, i quali sono stati perseguitati, torturati e interrogati e ai quali è stato negato l’accesso all’assistenza legale e a un giusto processo. Stando a quanto riferito dalle ONG, Musavi-Tabar ha firmato provvedimenti giudiziari nel famigerato centro di detenzione n. 100 (carcere maschile), compresa l’ordinanza che dispone la pena a tre anni di reclusione in isolamento per la detenuta baha’i Raha Sabet.

Abdolsamad Khoramabadi

9) Abdolsamad Khoramabadi

Abdolsamad Khoramabadi è capo della “Commission to Determine the Instances of Criminal Content”, organizzazione governativa incaricata della censura e della criminalità informatica on line. Sotto la sua direzione la Commissione ha definito il concetto di “criminalità informatica” (cybercrime) mediante una serie vaga di categorie che criminalizzano creazione e pubblicazione di contenuti ritenuti inappropriati dal regime. Abdolsamad Khoramabadi è responsabile della repressione e dell’oscuramento di numerosi siti di opposizione, testate elettroniche, blog, siti di ONG per i diritti umani nonchè di Google e Gmail dal settembre 2012. Insieme con la Commissione ha contribuito attivamente al decesso in carcere del blogger Sattar Beheshti, nel novembre 2012. Pertanto la Commissione che dirige è direttamente responsabile di violazioni sistematiche dei diritti umani, in particolare vietando e filtrando l’accesso al pubblico di siti web e, saltuariamente, disabilitando l’accesso ad Internet in generale.

L’Unione europea ha anche aggiunto all’elenco di enti colpiti da sanzioni la cosiddetta “Cyber Police”, cioè il Centro di indagine sulla criminalità organizzata, una sorta di “Polizia per la criminalità informatica”.

Si tratta di un’unità della polizia della Repubblica islamica dell’Iran, fondata nel gennaio 2011 e diretta da Esmail Ahmadi- Moqaddam (anche lui già precedentemente inserito nell’elenco degli 87 individui sanzionati). Secondo quanto riferisce la stampa, il capo di polizia Ahmadi-Moqaddam ha sottolineato che quest’unità perseguirà gruppi dissidenti e antirivoluzionari che hanno usato i social network basati su Internet per scatenare, nel 2009, la protesta contro la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Nel gennaio 2012 quest’unità di polizia ha emesso nuove direttive per gli Internet café, che impongono agli utenti di fornire dati personali, che saranno conservati per sei mesi dai proprietari degli esercizi, nonché una registrazione dei siti web visitati. Queste disposizioni impongono inoltre ai proprietari degli esercizi di installare telecamere a circuito chiuso, conservandone le registrazioni per sei mesi. In base a queste nuove disposizioni è possibile creare un registro che le autorità potranno usare per intercettare attivisti o chiunque sia ritenuto una minaccia per la sicurezza nazionale. Nel giugno 2012 i media iraniani hanno riferito che quest’unità di polizia starebbe mettendo in atto una repressione delle reti virtuali private. Il 30 ottobre 2012 la stessa unità di polizia ha arrestato il blogger Sattar Beheshti (secondo quanto risulta, senza un mandato) per atti contro la sicurezza nazionale sulle reti sociali e su Facebook. Beheshti ha criticato il governo iraniano nel suo blog. Beheshti è stato trovato morto nella sua cella il 3 novembre e si ritiene che sia stato torturato a morte da membri della polizia Criminalità informatica.

Fonte: Gazzetta ufficiale Unione europea

 

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